domenica 7 dicembre 2025

Le origini di Carol of the Bells

 Per molto tempo ho creduto che Carol of the Bells fosse un tipico canto natalizio americano, nato tra le atmosfere radiofoniche degli anni ’30 e consacrato dal cinema e dalla pubblicità. Solo di recente ho scoperto che la sua storia è molto più complessa e affonda le radici in una tradizione popolare ucraina, tanto che il brano è conosciuto anche come Ukrainian Bell Carol.

La melodia originale, intitolata Ščedryk, fu composta nel 1916 da Mykola Leontovyč. Il testo raccontava di una rondine che entra in una casa per annunciare prosperità: bestiame sano, raccolti abbondanti, denaro e perfino una moglie di rara bellezza. La rondine, araldo della primavera, portava un messaggio di rinascita e abbondanza. Infatti Ščedryk deriva dalla parola ucraina shchedryj, che significa “abbondante”. Non si trattava quindi di un canto natalizio ma era legato al Capodanno del calendario giuliano, celebrato il 13 gennaio. Durante questo giorni gruppi di ragazze percorrevano i villaggi cantando porta a porta e ricevendo in cambio dolci o altre prelibatezze.

Dal punto di vista musicale, la forza del brano sta nella ripetizione di quattro note, che evocano il suono delle campane e al tempo stesso il battito del tempo che scorre verso la fine dell’anno. La tonalità minore conferisce un senso di mistero e urgenza, rendendo la canzone diversa dai tradizionali canti natalizi in maggiore, più solari e rassicuranti. È proprio questa ambivalenza, sospesa tra gioia e inquietudine, che rende Carol of the Bells così potente e riconoscibile.

La storia del brano si intreccia con quella dell’Ucraina. Nel 1919, in un periodo di grandi sconvolgimenti politici, Oleksander Koshyts formò il coro nazionale ucraino per diffondere la musica del paese in Europa e nelle Americhe. In tournée, il coro eseguì oltre mille concerti, portando Ščedryk fino alla Carnegie Hall di New York nel 1921. Fu lì che la melodia iniziò a farsi conoscere anche negli Stati Uniti.

La trasformazione definitiva arrivò negli anni ’30, quando Peter Wilhousky, direttore e arrangiatore americano di origini ucraine, ascoltò il brano e ne propose un adattamento in inglese. Nel 1936 pubblicò la nuova versione, con un testo che evocava campane d’argento e la celebre frase “Merry, merry, merry, merry Christmas”. Nacque così Carol of the Bells, che divenne rapidamente un classico natalizio, registrato da cori e orchestre americane a partire dagli anni ’40 e reinterpretato in stili diversi, dal jazz al soul.

Oggi, mentre l’Ucraina vive il dramma della guerra con la Russia, Carol of the Bells assume un significato nuovo. Non è soltanto un canto natalizio, ma un simbolo di resistenza culturale. Quelle quattro note, che un tempo annunciavano prosperità e primavera, diventano ora un segno di speranza e di dignità. Ogni volta che lo ascolto, non sento solo il Natale: sento la voce di una nazione che continua a risuonare, nonostante tutto. 

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