giovedì 10 novembre 2022

Lo sapevi che è una cover?

Qualche giorno fa ho fatto una scoperta scioccante: I Will Always Love You non è un brano originale di Whitney Houston ma è stata scritta 30 anni prima per Dolly Parton. 
Sappiamo tutti che tantissimi artisti hanno reinterpretato brani di loro colleghi, ma ci sono casi particolari in cui le cover sono diventate più famose delle canzoni originali. 

Eccone alcuni esempi: 

1) I Will Always Love You - Dolly Parton/Whitney Houston   

La canzone è stata scritta nel 1974 per Dolly Parton, ma diventa famosa nel 1992 quando Whitney Houston la reinterpreta per la colonna sonora del film Guardia del corpo, diventando uno dei singoli più venduti di tutti i tempi con oltre 20 milioni di copie vendute. 




2) Girls Just Want to Have Fun – Robert Hazard/Cindy Lauper

Questo brano è stato scritto e cantato nel 1979 da Robert Hazard, ma nel 1983 Cindy Lauper lo riadatta per il suo album di debutto She's So Unusual. La versione di Cindy Lauper  raggiunse la 2° posizione nella classifica US Billboard Hot 100, diventando un successo mondiale tra la fine del 1983 e l'inizio del 1984. Nel 1985 la canzone ha ricevuto la nomination ai Grammy Award nelle categorie "Record of the Year" e "Best Female Pop Vocal Performance".




3)It's Oh So Quiet - Betty Hutton/Bjork

La cover più cover di tutte. La prima versione risale al 1948 ed è tedesca, la canzone si chiamava Und jetzt ist es still ed era cantata da Harry Winter; nel 1949 esce una seconda versione francese dal titolo Tout est tranquille, cantata da Ginette Garcin; ed infine arriviamo alla versione inglese cantata da Betty Hutton nel 1951. 
Raggiunge il successo grazie alle versione di Bjork, pubblicata nel 1995 nel suo album Post, la quale è rimasta per ben 15 settimane nella UK Singles Chart, grazie anche all'originalissimo video girato in Australia sotto la direzione del direttore creativo Spike Jonze. Ha ricevuto il disco d'oro nel Regno Unito per le oltre 400.000 copie vendute. 








See you the next song!

giovedì 3 novembre 2022

For You - Canepa & Cobra Creativo x Mural

Quando ascoltiamo una canzone, il nostro cervello associa inevitabilmente delle immagini, reali o inventate, legate al testo e alla musica percepiti e alle emozioni che questi due elementi suscitano in noi. Non tutti sono capaci di trasformare queste immagini ed emozioni in qualcosa di concreto, spesso ci diciamo «non so spiegartelo bene a parole, ma quella canzone mi ha fatto davvero emozionare». C’è però chi ci ha provato ad esprimere queste emozioni, più che a parole però … in disegni!

Oggi vi parlo di una collaborazione molto particolare, quella tra la band Mural, l’illustratore Cobra Creativo e la fumettista Canepa. La band ha messo a disposizione dei due disegnatori il brano “For You”, i quali hanno creato un fumetto per Social che racconta la storia che si cela nel testo e le emozioni che loro hanno provato all’ascolto della canzone.





Mural è il nome della giovane band formatasi nell’hinterland napoletano nel 2019. Ancora alla ricerca di un sound che possa farli emergere nel mercato musicale, i Mural si ispirano molto all’alternative rock, avendo come references musicali i Radiohead, gli Interpol e i The National.



Michele, il frontman, ci parla del brano For You …
«For You è uno dei primi pezzi che abbiamo creato quando abbiamo formato la band ed è anche quello che ha subito più modifiche rispetto a tutti gli altri pezzi, perché eravamo sempre alla ricerca di qualcosa che secondo noi mancava per completare il pezzo. Il brano racconta la storia di un ragazzo che vorrebbe dire a suo nonno, che ormai non è più in vita, tutte quelle cose che non ha avuto il coraggio di dirgli, quelle cose che avrebbero potuto ricucire il rapporto tra loro, purtroppo incrinato da molto tempo. In generale la si può vedere come la storia di due persone che alla fine non si sono più ritrovate, la richiesta di una seconda possibilità che a causa di forze maggiori non potrà mai arrivare».

Come è nata la collaborazione tra Mural, Canepa e Cobra Creativo?
«Conosco Carmine (Cobra Creativo) da tanti anni e un giorno parlando lui mi disse “sai che ho ascoltato For You insieme ad una mia amica e abbiamo deciso di fare un fumetto". Non me lo aveva mai detto prima, per me era una cosa totalmente nuova. Mi aveva detto anche che già ci stava lavorando e già stavano mettendo assieme le idee. È stata una cosa un po' all'insaputa nostra [ridendo] ma comunque piacevole. Il fatto che il pezzo fosse piaciuto e che due artisti che stimo particolarmente ci abbiano voluto lavorare è stato molto soddisfacente. Quindi la collaborazione è nata in maniera abbastanza naturale ma anche inaspettata».



Dall’idea di Cobra Creativo, illustratore formatosi nella Scuola Internazionale di Comics a Napoli e aspirante tatuatore, nasce quindi il progetto illustrativo-musicale, ed è proprio lui a spiegarci perché ha scelto di rappresentare proprio questa canzone…









«Io e Alessandra (Canepa) avevamo da tempo intenzione di creare un fumetto per Social, qualcosa di innovativo, diverso da quello di cui ci occupiamo generalmente. Cercavamo quindi un punto d’inizio per il nostro nuovo progetto e da questa esigenza nasce la collaborazione con i Mural . Sono amico da tempo con la band e già in passato li avevo supportati con una performance live, ho fatto un'estemporanea in cui io dipingevo mentre loro cantavano. Le loro canzoni mi hanno sempre ispirato e dato libero sfogo all'immaginazione e da qui l'idea di creare un fumetto sulla canzone For You.
Io mi sono occupato della creazione della copertina e della struttura del fumetto, mentre Canepa ha disegnato le vignette».

Il soggetto lo hai scelto tu o ti è stato suggerito dalla band?
«La band mi ha dato carta bianca nella scelta del soggetto e non è stato tanto difficile trovarlo. Il tema centrale della canzone è l’abbandono quindi ho scelto come protagonista un ragazzino con l'elmetto ed il giocattolo jet pack perché mi sembrava la perfetta rappresentazione di una persona persa tra le nuvole. Come quando ti immergi nei pensieri, nel dolore o in un'emozione e viaggi con la testa, quasi come un astronauta. L’altro soggetto del fumetto è un’entità non identificata, che simboleggia l’abbandono in generale».

La parte che avete rappresentato è il ritornello?
«No, tutta la canzone. In realtà ci sono alcuni versi presi da diverse strofe e non per forza in ordine. Michele ci ha aiutato a posizionare i versi nelle varie didascalie».

              

Canepa, nome d’arte di Alessandra, fumettista anche lei formatasi presso la Scuola internazionale di Comics a Napoli, ha disegnato il fumetto, un tipo di fumetto diverso da quello classico cartaceo.







Cosa si intende con l’espressione “Fumetto per Social”?
«La prima grande differenza è la struttura, si tratta di una storia che deve entrare in massimo 10 immagini (quelle che Instagram ti fa mettere in un solo post), che poi alla fine sono 8 se consideri che la prima immagine è occupata dalla copertina e l’ultima dai titoli di coda. Queste 10 immagini poi devono essere in formato 2x3, ovvero un quadrato, un formato molto diverso da quello che si usa nell’editoria normale
La seconda differenza è che il linguaggio e le immagini devono essere molto semplici, ci devono essere disegni e battute che catturino l’attenzione dell’utente del social, per far in modo che non scrolli passivamente lo schermo, ma si fermi sul post.
Inoltre, si può dire che è un tipo di illustrazione attraverso il quale si possono rappresentare meglio le emozioni piuttosto che i fatti, perché il lettore ci si vuole immedesimare».

Come mai la scelta del bianco e nero, e non a colori?
«In realtà ci doveva essere una colorazione a 3 toni con dell'azzurro da mezzo tono (per riprendere i colori utilizzati nella copertina), però essendo triste il tema della canzone abbiamo pensato che il “black & white” e il tratto della matita dava un effetto "stellato" che sembrava molto più diretto ed empatico. Ci sembrava che il colore potesse rendere il tutto troppo superficiale, perché certe volte è la semplicità che da un messaggio migliore».

Avete altri progetti come questo in serbo? Con la band? Altri fumetti social? 
«Forse faremo qualcos’altro con i Mural in futuro, ci piacerebbe creare un progetto tra musica e illustrazione che abbia una continuità. Ma, in generale, io e Cobra abbiamo in progetto di fare altre vignette da social, non per forza ispirate ad una canzone».


Sui profili Instagram di @cobra_creativo, @sabbiosaa e @mural_band potrete trovare il fumetto completo!

venerdì 28 ottobre 2022

La musique française 2022

Qualche settimana fa vi avevo chiesto su Instagram quali sono i cantanti/le band francesi che conoscete. La maggior parte di voi, come mi aspettavo, ha risposto con Stromae e Maître Gims. Naturalmente la scelta è dovuta a ciò che passano le radio italiane, che preferiscono trasmettere i brani musicali ritenuti di successo in quel momento sia dei grandi artisti internazionali sia di quelli italiani, lasciando poco spazio al panorama musicale europeo. 

Ma in fondo anche oltralpe si ascolta poca musica italiana poiché, in base alla legge Toubon (votata nel 1994 e che prende il nome dell'allora ministro della Cultura, Jacques Toubon), per salvaguardare la lingua nativa le radio francesi sono obbligate a passare il 40% di musica in francese nell'airplay giornaliero.

Dunque, se avete voglia di scoprire qualche artista francese contemporaneo in più, potreste immergervi nell'immenso mare della musica che internet può offrirvi ... oppure semplicemente continuare a leggere questo articolo in cui suggerisco alcuni cantanti francofoni che ho scoperto qui in Francia!

                                             

Clara Luciani 

Sguardo magnetico, frangetta e look anni ’60, sono questi gli elementi distintivi di Clara Luciani, la giovane cantante che tutto il mondo invidia alla Francia. Il suo stile musicale è orientato verso il pop rock e prima di debuttare come solista nel 2017 con il singolo “Monstre d'amour”, faceva parte di un gruppo rock chiamato “La Femme”.  Su una musica spesso danzante, la sua penna sottile sa essere introspettiva e al tempo stesso femminista. 

https://open.spotify.com/artist/2oVrruuEI0Dr2I4NvLtQS0?si=wVkgf0WtSAqNEVncZKxJbA

Eddy De Pretto

La musica di Eddy de Pretto fa parte sia dell'hip-hop che della tradizione francese; egli stesso si definisce un artista “non di genere” , un ponte tra i due universi musicali. Sensibile e desideroso di esprimere un pensiero vero e intimo, Eddy parla spesso nei suoi testi di problemi sociali come l’omofobia e il comportamento maschilista e fallocratico, che lui chiama “virilità abusiva”. 

Orelsan 

Il rapper Orelsan è uno dei nomi più conosciuti nell’industria musicale francese, più volte vincitore alle Victoires de la musique, il più alto riconoscimento musicale nell’esagono. Per le qualità artistiche e lo stile musicale è stato spesso paragonato al collega statunitense Eminem, da cui trae ispirazione per la trattazione di temi impiegando sia la comicità che la violenza come espedienti retorici.

https://open.spotify.com/artist/4FpJcNgOvIpSBeJgRg3OfN?si=AVRLCFPVS_ak360Y2Ra0Kg

Angèle 

Come molti artisti della sua generazione, Angèle (classe 1995) si è fatta conoscere per la prima volta sui social media dove spesso cantava in inglese. La sua voce e il suo stile pop ed eccentrico hanno attirato rapidamente migliaia di abbonati al suo canale youtube. Ella ha saputo imporsi in un universo musicale ricco e atipico oscillando tra la classice “chanson française” e uno stile urbano. 

https://open.spotify.com/artist/3QVolfxko2UyCOtexhVTli?si=ofmrDJwiTy6vbqE6Gx-H0Q


See you the next song!




venerdì 7 ottobre 2022

Musica e Linguistica

 Ho da sempre cercato un modo per congiungere la mia passione per la musica "tout court" e il mio settore di specializzazione, ovvero le lingue e la linguistica. Per questo motivo nel 2020 ho deciso di dedicare alla musica la mia tesi di laurea in lingue, facendo un'analisi del linguaggio del giornalismo musicale italiano e concentrandomi soprattutto sulla figura del critico musicale. 

Non riporterò una tesi di 130 pagine qui nel mio articolo, tranquilli!, ma mi piacerebbe spiegarvi brevemente come la linguistica è presente in qualsiasi ambito della vita umana, e quindi anche nella musica. 

                                            

«Scrivere di musica è come ballare di architettura: è davvero una cosa stupida da fare». Questo emblematico aforisma dalla paternità incerta (c’è chi lo attribuisce a Elvis Costello, chi a Frank Zappa con la variante parlare al posto di scrivere e chi a Clara Schumann, moglie di Robert Schumann, il primo critico musicale della storia in senso odierno) è al tempo stesso vero e falso, poiché la musica è un sistema di segni che significa se stesso ( i segni della musica sono il pentagramma e le note) e cerca di spiegare i propri contenuti attraverso un altro sistema, il linguaggio verbale, un’operazione legittima ma dall’esito ambiguo.

Parlare di  musica è possibile, e se non fosse possibile non esisterebbe la professione del critico musicale. Secondo il semiologo e musicologo Gino Stefani, non solo il linguaggio verbale è il migliore strumento per la comprensione e gestione sociale della musica, ma tale strumento può essere utilizzato anche da colui che si reputa profano della musica, perché tutti gli esseri umani hanno una competenza musicale intrinseca. Stefani sostiene che tutti posseggono una competenza musicale analoga alla competenza linguistica, ovvero ciascuno è capace di capire e produrre frasi e discorsi sino ad allora ancora non sentiti, e dimostra ciò attraverso l’esperimento ‘incontro-concerto con presa di parola collettiva’ riportato nel suo libro Competenza musicale e cultura della pace.

L’oggetto d’analisi dell’esperimento è un gruppo di ascoltatori che dopo aver ascoltato alcuni brani di musica classica vengono sollecitati ad esprimere liberamente ciò che hanno sentito nella musica; i risultati confermano che la musica ha per noi dei significati comuni che predominano nell’interpretazione soggettiva che è a sua volta influenzata da codici culturali e sociali che tuti inconsciamente sappiamo. Attraverso questo esperimento l’interesse alla musica del profano cresce ed egli passa da consumatore passivo a produttore di senso. 

La differenza tra profano e critico musicale sta nell’acculturazione in musica del critico che Stefani chiama alfabetizzazione musicale, ovvero uno strumento culturale in più per l’appropriazione e l’interpretazione della musica, dunque per estendere e approfondire la competenza musicale comune a tutti. 




Se sei arrivato fin qui non ti sei annoiato nel leggere l'articolo e sei pronto al prossimo articolo incentrato sulla linguistica nelle canzoni. 

See you the next song!

domenica 25 settembre 2022

Smell Like Teen Spirit - Nirvana

E' il 1991 e i Nirvana pubblicano il loro primo album intitolato Nevermind, che in italiano significa "non importa", un espressione che ben descrive il disagio sciale in cui si riconoscevano gli adolescenti e giovani adulti che ascoltavano l'allora nascente genere musicale e culturale: il grunge

In questo album vi è una delle canzoni simbolo del grunge ovvero Smell Like Teen Spirit. Il singolo, scritto da Kurt Cobain, Dave Grohl e Krist Novoselic, arrivò subito in vetta alle charts americane e decretò il successo internazionale della band. Ma vi siete mai chiesti di cosa profuma (o puzza, a seconda dell'interpretazione) uno "spirito adolescente"? Di deodorante! Uno di quei deodoranti dal profumo forte e nauseante che andava di moda negli U.S.A. durante gli anni '90. 

L'origine del titolo è alquanto bizzarra: si narra che Kathleen Hanna, leader delle Bikini Kill, amica del cantante dei Nirvana, scrisse con della vernice spray "KURT SMELLS LIKE TEEN SPIRIT", imbrattando i muri della camera d’albergo di Cobain con l’intento di ridicolizzarlo, e rinfacciargli di non essere ancora un uomo, ma soltanto un ragazzino “puzzoloso” dopo aver trascorso una notte con lui. 

Gran parte del fascino della canzone è da attribuire al testo. Lungo tutto il brano, Kurt mugugna e biascica i versi, quasi come a voler aggiungere un senso di ambiguità, mistero e sofferenza alla traccia, e forse era proprio questo l'intento della band. Nel ritornello, urlato come se si volesse dare sfogo alla rabbia, troviamo una serie di parole (mulatto, albino, mosquito, libido) che non hanno una connessione logica tra di loro, ma sono state messe insieme per assonanza; mentre nel terzo verso (“And I forget just why I taste/ Oh yeah, I guess it makes me smile/ I found it hard, it’s hard to find/ Oh well, whatever, nevermind.”) il leader della band sembra parlare della sua dipendenza dalle droghe. L'aspetto musicale è anch'esso fondamentale: l'assolo di chitarra verso la fine della canzone imita la melodia della voce, e si classifica come uno dei più grandi assoli di chitarra di sempre. 

Attraverso questa canzone i Nirvana hanno dato voce ad una generazione fortemente delusa dal mondo che la circondava, caratterizzata da una grande rabbia anti-sistema e da una forte dose di pessimismo verso il progresso di una società vissuta come profondamente ingiusta, alienante e basata su ideali sbagliati. 



See you the next song!

venerdì 23 settembre 2022

"Una tomba per un delfino" : il libro che ispirò David Bowie

Come già dissi in un mio vecchio articolo, sono tantissime le canzoni ispirate da libri. Ultimamente ho avuto il piacere di leggere nientemeno che il libro che ha ispirato Heroes di David Bowie, scoprendo tante curiosità sulla canzone e sul cantante stesso. 

Il libro s'intitola Una tomba per un delfino ed è stato scritto da Alberto Denti di Pirajno nel 1956. Si tratta di una raccolta di storie che l'autore ha vissuto in prima persona o che gli sono state raccontate durante il suo soggiorno in Africa come medico, tra gli anni '30 e '40. Storie a tratti mistiche in cui i protagonisti sono bambini, animali e magia. Non sono riuscita a trovare il libro intero, ma per fortuna una mia amica ha trovato sul web la storia che da il titolo al libro, ovvero quella che ha ispirato il Duca Bianco nella scrittura del testo della canzone Heroes

È la storia d'amore tra Camara, un ragazzo, e Shambowa, una ragazza che nuota con i delfini. Camara è follemente innamorato di questa ragazza descritta come una dea, che si tuffa nel mare per cavalcare le onde con i delfini, senza paura dei grossi pesci predatori che avrebbero potuto attaccarla nelle acque del Mar Rosso. Il narratore traduce così i sentimenti di Camara: 

« Si era sempre sentito vivo davanti al fascino della bellezza, Shambowa  [...] gli aveva insegnato a stare in armonia con ciò che lo circondava, così da godere insieme a lei fino al limite massimo di resistenza quell'estasiante sensazione per la quale la sua vita si mescolava al flusso della marea, al corso delle stelle, alla luce del cielo, al sibilo del fogliamo sotto il respiro del vento. Adesso - e soltanto adesso - capiva quanto banale fosse il mondo in cui aveva vissuto fino ad allora»

 Un giorno Shambowa muore a causa di una forte febbre, a soffrire non è soltanto il giovane Camara ma anche il delfino che giocava insieme alla ragazza e che il giorno dopo è arrivato morente sulla spiaggia. Il ragazzo capisce che il destino del delfino era legato a quello di Shambowa quindi non lo rigetta in mare ma decide di seppellirlo vicino alla tomba di Shambowa. 

Bowie ha più volte detto di aver scritto il testo di Heroes, che inizialmente era un brano solo strumentale, dopo aver visto due persone baciarsi davanti al Muro di Berlino; siamo nel 1977 e il Muro di Berlino separa ancora tante famiglie e tante persone che si amano. 

Ma nella prefazione al libro di sua moglie, I Am Iman (2001), Bowie rivela che la canzone era ispirata al libro di cui vi ho parlato sopra, in particolare per quanto riguarda i versi "I, I wish you could swim/ Like the dolphins, like dolphins can swim / Though nothing, will keep us together /We can beat them, for ever and ever".

La moglie, Iman, ha ribadito la storia in un'intervista del 2021 a Vogue. " È un viaggio fantastico tra una ragazza - una ragazza somala come me - e un delfino", ha detto. "E questo libro è davvero speciale perché, molto prima che io e David ci incontrassimo, questo era uno dei suoi libri preferiti. E in realtà, mi ha detto che alcuni dei testi della sua canzone 'Heroes' sono stati effettivamente ispirati da questo libro."

Il libro non ha ispirato soltanto la canzone, ma anche il tatuaggio che Bowie aveva sul polpaccio, ovvero una ragazza che cavalca un delfino in un mare di ideogrammi. 


Ultima curiosità: questo libro fa parte della lista dei 100 libri preferiti da Bowie, che lui stesso aveva pubblicato su Facebook nell'ottobre del 2013. Di seguito la lista ordinata dai libri più recenti ai più vecchi.

  • The Age of American Unreason (2008) di Susan Jacoby,
  • La breve favolosa vita di Oscar Wao (2007) di Junot Díaz, Mondadori
  • La sponda di Utopia (2007) di Tom Stoppard, Sellerio
  • Teenage: The Creation of Youth 1875-1945 (2007) di Jon Savage,
  • Ladra di Sarah Waters, Ponte delle grazie 2013
  • Processo a Henry Kissinger di Christopher Hitchens, Fazi 2003
  • Il gabinetto delle meraviglie di mr. Wilson (1999) di Lawrence Weschler, Adelphi
  • A People’s Tragedy: The Russian Revolution 1890-1924 (1997) di Orlando Figes,
  • The Insult (1996) di Rupert Thomson,
  • Wonder Boys (1995) di Michael Chabon,
  • The Bird Artist (1994) di Howard Norman,
  • Furoreggiava Kafka (1993 )di Anatole Broyard, Sylvestre Bonnard
  • Oltre il Brillo Box. Il mondo dell’arte dopo la fine della storia di Arthur C. Danto, Marinotti
  • Sexual personae: arte e decadenza da Nefertiti a Emily Dickinson di Camille Paglia, Einaudi
  • David Bomberg (1988) di Richard Cork,
  • Sweet soul music. Il rhythm’n’blues e l’emancipazione dei neri d’America di Peter Guralnick, Arcana
  • Le vie dei canti (1986) di Bruce Chatwin, Adelphi
  • Hawksmoor (1985) di Peter Ackroyd
  • Nowhere To Run: The Story of Soul Music (1984) di Gerri Hirshey
  • Notti al circo di Angela Carter, Corbaccio
  • Money di Martin Amis, Einaudi
  • Rumore bianco di Don DeLillo, Einaudi
  • Il pappagallo di Flaubert di Julian Barnes, Einaudi
  • The Life and Times of Little Richard di Charles White,
  • Storia del popolo americano: Dal 1492 a oggi di Howard Zinn, Il Saggiatore
  • Una banda di idioti di John Kennedy Toole, Marcos y Marcos
  • Interviste a Francis Bacon di David Sylvester, Skira
  • Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler, Mondadori
  • Gli strumenti delle tenebre di Anthony Burgess, Rizzoli
  • Raw (rivista di grafica) 1980-91
  • Viz (rivista) 1979 –
  • I vangeli gnostici (1979) di Elaine Pagels, Mondadori
  • Metropolitan Life (1978) di Fran Lebowitz,
  • Fra le lenzuola e altri racconti (1978) di Ian McEwan, Einaudi
  • The Paris Review. Interviste (1977)
  • Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza (1976) di Julian Jaynes, Adelphi
  • Tales of Beatnik Glory (1975) di Ed Saunders
  • Mystery train. Visioni d’America nel rock (1975) di Greil Marcus, Editori Riuniti
  • Selected Poems (1974) Frank O’Hara
  • Before the Deluge: A Portrait of Berlin in the 1920s (1972) di Otto Friedrich
  • Nel castello di Barbablù (1971) di George Steiner, Garzanti
  • Octobriana and the Russian Underground (1971) di Peter Sadecky
  • The Sound of the City: The Rise of Rock and Roll (1970) di Charlie Gillete
  • Riflessioni su Christa T (1968) di Christa Wolf
  • Awopbopaloobop Alopbamboom: The Golden Age of Rock (1968) di Nik Cohn
  • Il maestro e Margherita (1967) di Mikhail Bulgakov, Fermento
  • Journey into the Whirlwind (1967) di Eugenia Ginzburg,
  • Ultima fermata a Brooklyn (1966) di Hubert Selby Jr., Feltrinelli
  • A sangue freddo (1965) di Truman Capote, Garzanti
  • Città di notte (1965) di John Rechy, Marco Tropea Editore
  • Herzog (1964) di Saul Bellow, Mondadori
  • Puckoon,  (1963) di Spike Milligan
  • The American Way of Death (1963) di Jessica Mitford,
  • Il sapore della gloria (1963) di Yukio Mishima, Feltrinelli
  • La prossima volta Il fuoco (1963) di James Baldwin, Feltrinelli
  • Arancia Meccanica (1962) di Anthony Burgess, Einaudi
  • Nel ventre della balena (1962) di George Orwell, Bompiani
  • Gli anni fulgenti di miss Brodie (1961), Muriel Spark, Adelphi
  • Private Eye, rivista satirica britannica pubblicata dal 1961
  • La via senza testa. Lo zen e la riscoperta dell’ovvio (1961), Douglas Harding, 1961
  • Silenzio, John Cage, 1961
  • Strange People (1961), Frank Edwards
  • L’io diviso (1960), R. D. Laing, Einaudi
  • All The Emperor’s Horses (1960), David Kidd
  • Billy Liar (1959), Keith Waterhouse
  • Il Gattopardo (1958), Giuseppe Tomasi Di Lampedusa, Feltrinelli
  • Sulla strada (1957), Jack Kerouac, Mondadori
  • I persuasori occulti (1957), Vance Packard
  • La stanza di sopra (1957), John Braine, Garzanti
  • Una tomba per un delfino (1956), Alberto Denti di Pirajno
  • The Outsider (1956), Colin Wilson
  • Lolita (1955), Vladimir Nabokov, Adelphi
  • 1984 (1949), George Orwell, Mondadori
  • The Street (1946), Ann Petry
  • Ragazzo negro (1945), Richard Wright, Einaudi
  • The Portable Dorothy Parker (1944) di Dorothy Parker,
  • Lo straniero (1942) di Albert Camus, Bompiani
  • Il giorno della locusta (1939) di Nathanael West, et al. edizioni
  • Beano, (fumetto) 1938 –
  • La strada di Wigan Pier (1937) di George Orwell, Mondadori
  • Mr Norris se ne va (1935) di Christopher Isherwood, Einaudi
  • English Journey (1934) di J.B. Priestley
  • Infants of the Spring (1932) di Wallace Thurman,
  • Il ponte La torre spezzata (1930) di Hart Crane, Mauro Pagliai Editore
  • Corpi vili (1930) di Evelyn Waugh, Bompiani
  • Mentre morivo (1930) di William Faulkner, Adelphi
  • Il 42esimo parallelo (1930) di John Dos Passos, BUR
  • Berlin Alexanderplatz, (1929) di Alfred Döblin, BUR
  • Passing, (1929) Nella Larsen, Sellerio
  • L’amante di Lady Chatterley (1928) di D.H. Lawrence, Giunti
  • Il Grande Gatsby (1925) di Francis Scott Fitzgerald, Edizioni Clandestine
  • La terra desolata (1922) T.S. Eliot, BUR
  • BLAST (1914–15) di Wyndham Lewis
  • McTeague (1899) di Frank Norris
  • La storia della magia con un’esposizione chiara e precisa delle sue regole, dei suoi riti e dei suoi misteri (1896) di Eliphas Lévi, Edizioni Brancato
  • Canti di Maldoror (1869) di Lautréamont, Feltrinelli
  • Madame Bovary (1856) di Gustave Flaubert, Edizioni Clandestine
  • Zanoni (1842) di Edward Bulwer-Lytton, Ascoltalibri Edizioni
  • Inferno, da “La Divina Commedia”, (1308–21) di Dante Alighieri, Edizioni Clandestine
  • Iliade (800 A.C) di Omero, Infilaindiana edizioni
See you the next song!



lunedì 12 settembre 2022

Goodbye Queen

Queen Elizabeth II of the United Kingdom - Andy Warhol, 1985

Sarà pur nata nell'era del ragtime, ma il regno della regina Elisabetta II è cominciato con la nascita del rock 'n' roll. 

La sua incoronazione nel 1953 coincise con l'ascesa di star americane come Chuck Berry e Little Richard, che presto influenzarono gli artisti del Regno Unito che avrebbero reso la Gran Bretagna l'epicentro della musica un decennio dopo. La longeva Elisabetta, morta all'età di 96 lo scorso venerdì 8 settembre 2022, ha cominciato a solidificare il suo regno a partire dalla metà degli anni '60, proprio quando la musica britannica stava conquistando il mondo. 

Il Regno Unito stava perdendo il suo potere coloniale, ma le star britanniche, guidate dai Beatles, stavano proprio in quel momento cominciando a colonizzare la cultura globale. Da allora in poi, ondate successive di musicisti del Regno Unito hanno governato il mondo della canzone e dello stile, dai Rolling Stones e Led Zeppelin negli anni '60, al punk e new wave negli anni '70 e '80, fino ad Amy Winehouse e Adele oggi.

Anche se lontana da quell’ambiente hipster, la regina Elisabetta seppe riconoscere sin dall'inizio il potere economico e culturale della musica in Gran Bretagna. Nel novembre del 1963, tre mesi prima che i Beatles esplodessero al The Ed Sullivan Show, i Fab Four suonarono al Queen’s Royal Variety Performance, un evento di beneficenza annuale trasmesso in televisione. 

La numerosa famiglia reale apprezzò il potere giovanile delle canzoni che suonavano, come From me to you e She loves you, e rise di cuore alla famosa frecciatina che lanciò John Lennon: « Voi nei posti più economici, battete le mani» disse indicando la folla - « Il resto…scuotete i vostri gioielli».

Due anni dopo, la regina nominò John, Paul, Ringo e George Membri dell’Ordine dell’Impero Britannico. Il riconoscimento veniva conferito raramente a personaggi dello spettacolo in quel periodo, ma la regina conosceva bene la risonanza giovanile che il suo Paese avrebbe guadagnato nel rendere onore ai “ragazzi di Liverpool”.

I Beatles dedicarono anche una piccola traccia di 26 secondi intitolata Her Majesty a sua maestà la regina Elisabetta II

https://open.spotify.com/track/6UCFZ9ZOFRxK8oak7MdPZu

 Ma nel corso dei decenni, l'amore tra la musica e la monarca non è sempre stato reciproco.

Infatti, alcune delle canzoni più conosciute che fanno riferimento a Elizabeth e alla sua corona, di certo non tessono le sue lodi. Tra le più famose ricordiamo God Save the Queen dei Sex Pistols, presa in giro in stile punk dell’inno nazionale inglese e della devozione alla monarchia; e Elizabeth my dear  degli Stone Roses in cui la famiglia reale viene descritta come un parassita costoso e irrilevante. 

Diciamo quindi addio ad un'iconica regina, che nel bene o nel male ha contribuito alla diffusione della musica pop e rock britannica nel mondo. 


See you the next song!


 

 


lunedì 5 settembre 2022

Luigi Strangis - Rock, Freedom e Glam

Nel marasma di cambiamenti dovuto al mio trasferimento per lavoro in Francia, è cambiato naturalmente anche il mio modo di restare aggiornata sulle nuove uscite musicali. Non potendo ascoltare ne radio ne TV italiana in Francia, il mio contatto con la musica italiana (e non) sono i social network. Non seguivo ufficialmente il famoso talent show condotto dalla De Filippi, ma spesso mi apparivano sui social i video delle esibizioni dei ragazzi e mi soffermavo su quelli che mi attiravano di più. C'era questo ragazzo in particolare che mi intrigava molto; in ogni sua esibizione si potevano riconoscere 2 elementi fondamentali: il graffio rock della sua voce e la maestria nel suonare la chitarra. Inoltre aveva pubblicato da poco un suo brano intitolato "Partirò da zero" e io giorno dopo giorno mi ritrovavo a canticchiare questo pezzo, a voler guardare le esibizioni precedenti che mi ero persa ed aspettare trepidante le nuove puntate per poterlo risentire cantare. 

Questo ragazzo si chiama Luigi Strangis e oltre a saper cantare, a soli 21 anni, sa suonare la chitarra, il pianoforte, la batteria e il contrabbasso. Nel 2016 ha scritto e arrangiato il suo primo EP in inglese "Don't Ever Let Go" , ancora acerbo ma con dell'ottimo potenziale. 

Essendo io in primis appassionata della storia della musica, sono rimasta di stucco quando ho scoperto che ha anche un'ottima conoscenza della storia e della teoria musicale, e lo si può riconoscere dal nuovo EP "Strangis" , in cui si vede in pieno la sua anima rock grazie alla sua voce graffiante e alla costante presenza della chitarra elettrica; ma si riescono anche a percepire venature di tanti altri stili come il funk in Vivo, il blues in Riflessi o i ritmi latini in Tondo che ricordano un po' i Gipsy Kings.

Rivedo in lui tante references musicali, sia il sound che l'attitude fanno riferimento a grandi artisti come Freddy Mercury, David Bowie e Elton John. Da questi tre grandi protagonisti della musica pop e rock, Luigi prende ispirazione non solo per creare il suo look glam e per il modo di stare sul palco, ma soprattutto per portare avanti il messaggio di essere liberi, superare i propri limiti e pensare fuori dagli schemi. Nonostante ciò è originale, sa prendere esempio da quelli appena citati e da tanti altri musicisti della musica italiana e internazionale e creare uno stile tutto suo, assolutamente contemporaneo nell'immagine di se, nella scrittura e nell'arrangiamento. 

In uno scenario musicale italiano che va più nella direzione dell'indie pop e rap, lui ha riportato in scena il rock, quello fatto di chitarre elettriche e percussioni, influenzato comunque da altri generi, dove la performance è imprescindibile dalla canzone, e lo ha ampiamente dimostrato nel suo tour estivo.


Il palcoscenico è il suo habitat naturale: vivace e magnetico, scatena il pubblico nei pezzi più energici e con i suoi assoli di chitarra elettrica, ma è anche capace di emozionare gli spettatori con brani più intimi eseguiti solo con chitarra classica e voce.

Se vi siete persi i suoi concerti estivi, non disperate! Ci sono altre due date in programma a novembre, a Roma e Milano, ma non si esclude che se ne aggiungano altre in giro per l'Italia. 

Vi tengo aggiornati e nel frattempo auguro a Luigi che la musica possa sempre ispirarlo e fargli fare grandi cose, di non perdere mai la voglia di sperimentare e creare. 


See you the next song!


domenica 18 ottobre 2020

5 app musicali musicali da scoprire

Nell'infinito universo delle app che riguardano la musica ci limitiamo a scaricare sempre le stesse app mainstream: Spotify o iTunes per lo streaming player e la gestione di librerie musicali, e Shazam per rintracciare la musica in ascolto e conoscere tutte le informazioni necessarie per poter ritrovare il brano online.

Oggi dunque voglio parlarvi di 5 app musicali poco conosciute, adatte sia ai musicisti che ai semplici ascoltatori, che permettono di approcciarsi alla musica non dalla semplice prospettiva ricerca- ascolto, bensì attraverso l'interattività, il divertimento e la sperimentazione.

HUM



Il titolo di questa app, tradotto in italiano, come sostantivo significa "ronzio", mentre come verbo significa "canticchiare". Hum permette di salvare e riordinare testi e registrazioni per la creazione di nuove canzoni; collega le registrazioni ai testi in modo da poter lavorare su entrambi contemporaneamente; e inoltre permette di organizzare i testi e le melodie in base alla chiave, l'accordo e il mood.

COVE


Cove permette di creare musica strumentale da abbinare al proprio stato d'animo, per poi aggiungere questi piccoli imprint sonori in un diario privato interno all'applicazione.  L'app si basa sull'idea di terapia espressiva e ha lo scopo di aiutare le persone a esprimere le proprie emozioni in scenari stressanti in cui l'espressione verbale potrebbe non essere efficace. 

BANDFRIEND


Questa app presenta un nuovo modo di collaborare per i musicisti locali, offrendo loro una grande opportunità di suonare insieme, di creare una nuova band o anche di fare sessioni di studio insieme. L'app rileva la posizione e successivamente mostra i possibili match, dunque persone che condividono stesse o simili abilità, interessi e generi musicali. Anche se si è nuovo nell'apprendimento di uno strumento, l'app permette comunque di connettersi con gli altri per studiare e imparare lo strumento insieme. BandFriend ha anche l'integrazione con SoundCloud e YouTube che permette ai musicisti di mostrare il loro talento online e anche di guardare video e ascoltare canzoni di altri artisti nel tentativo di aiutarli a trovare il match perfetto.

LOOPIMAL

Loopimal è un app pensata per i bambini, ma d'altronde può essere usata da tutti per comporre semplici brani musicali, proprio come se stessimo usando una loopmachine. Nel mondo di Loopimal ci sono dieci animali ed ognuno suona come uno strumento elettronico, si possono scegliere uno, due o quattro animali contemporaneamente e fargli suonare la sequenza di suoni che vogliamo.

MUSYC


Musyc è un’app musicale innovativa e divertente che trasforma ogni tuo tocco in musica. Non servono tastiere né partiture: basta disegnare forme e ascoltare il brano mentre i suoni rimbalzano sullo schermo. Puoi creare musica con i 64 strumenti (suddivisi in 16 gruppi) creati e prodotti dallo studio musicale "Fingerlab", e scoprire i nuovi tool fisici e musicali disponibili in Musyc.


See you the next song!

mercoledì 30 settembre 2020

Wake me up when September ends

«Oggi è l’ultimo giorno del mese di settembre … è tempo di svegliare Billie Joe Armstrong!» dice uno dei tanti meme che ogni anno ricompaiono sui social, riferendosi alla canzone Wake me up when September ends (2005) dei Green Day. In realtà c’è poco da scherzare, poichè il significato della canzone è molto triste e riguarda la scomparsa del padre del frontman.

L’uomo morì di cancro all’esofago nel settembre 1982, quando Billie aveva solo 10 anni. Ci sono voluti molti anni prima che Billie riuscisse ad affrontare davvero il lutto e a dedicare una canzone al genitore. La canzone parla della perdita dell’innocenza, perché quando un bambino perde una figura importante nella propria vita è costretto a crescere più in fretta del previsto, invece il titolo è proprio ciò che egli disse alla madre mentre era chiuso in camera sua a piangere durante il giorno del funerale.

All’interno del testo , il verso “Seven years has gone so fast” ricorda che a sette anni dalla morte del padre, nacquero i Green Day, mentre il verso “Twenty years has gone so fast…" commemora i venti anni trascorsi dalla morte del padre. Il videoclip non combacia con la storia autobiografica del cantante, ma racconta di una storia d’amore che ha come sfondo la guerra in Iraq, dato che il brano fa parte dell’album “American idiot”, un album in cui si evince chiaramente la critica rivolta alla società americana, alle scelte politiche, alla guerra e alla forte influenza mediatica che molti cittadini subiscono passivamente. Inoltre, visto che fa riferimento al mese di Settembre, negli Stati Uniti è associata anche all’attentato alle Torri Gemelle, che come sappiamo è avvenuto l’11 Settembre 2001.

Quest’anno è stato Billie Joe a pubblicare un post con un riferimento alla canzone: negli Stati Uniti è tempo di elezioni e il frontman della band ha utilizzato il titolo del pezzo per invitare gli americani a non dormire in questo periodo, ma ad andare a votare, scrivendo “Wake Up and Register to Vote”. “La canzone dice ‘svegliami quando settembre finisce – si legge nel post – ma io prego tutti voi di svegliarvi adesso e di andare a votare […] è urgente. Questa è un’emergenza nazionale. Dobbiamo essere ben svegli da settembre fino al 3 di novembre!”.


https://www.instagram.com/p/CEm6dY5l234/?utm_source=ig_web_copy_link


 


lunedì 21 settembre 2020

Grandi musicisti a Londra

Dopo due anni di pausa rieccomi qui a scrivere di musica!

Vorrei riprendere da dove mi ero fermata, ovvero ottobre 2018, quando sono andata per la seconda volta a Londra. La prima volta ho fatto il classico giro turistico visitando i monumenti, i musei e i quartieri più famosi; la seconda volta sono ritornata con piacere in molti posti che già avevo visto ma volevo visitare di più, vedere i posti più nascosti, scoprire tante altre cose di questa città meravigliosa. Quindi, come è mio solito fare, ho cercato su internet degli itinerari alternativi, appuntandomi tutti i nuovi posti che avrei voluto visitare, di cui tre sono legati alla musica.

Dai Beatles ai Rolling Stones fino ai Pink Floyd e Amy Winehouse, Londra ha fatto da sfondo al successo di decine di artisti entrati nella storia del pop e del rock. Sono tantissimi i luoghi a Londra che raccontano storie e aneddoti di leggende della musica, purtroppo poco il tempo per visitarli tutti.

Al numero 1 di Logan Place (Kensington) c’è la famosa Garden Lodge, la lussuosissima casa che Freddie Mercury acquistò all’apice del suo successo, in cui visse fino alla morte quando la lasciò alla amica e per alcuni anni compagna Mary Austin. La casa purtroppo non è visibile dalla strada perché è circondata da un alto muro, ma è riconoscibile da una porta d’ingresso (protetta con un vetro dagli atti di vandalismo) su cui è riportato il nome “Garden Lodge”.


Berwick Street, nel quartiere di Soho, è la strada fotografata nella copertina del secondo album degli Oasis: “(What's the Story) Morning Glory?”. 
Per illustrare la copertina la band scelse l’agenzia Microdot Sleeve di Brian Cannon, che già aveva realizzato l’artwork dell’album di debutto. A differenza della cover del primo LP, che raffigurava l’interno di un’abitazione, la foto di copertina di “(What’s the Story) Morning Glory?” doveva rappresentare l’indole urbana del disco.



              (1995)                                                                     (2018)

Gli Oasis girovagarono per intere settimane alla ricerca della location perfetta, alla fine la scelta cadde su Berwick Street per due motivi:  le attività commerciali che vi si affacciavano erano (e vi sono ancora) maggiormente un negozio di dischi, tra cui Reckless Records e Sister Ray; inoltre, la strada che interseca Berwick Street si chiama Noel Street. Le due persone presenti nella foto non sono i fratelli Gallagher, ma sono Brian Cannon (di spalle) e il dj Sean Rowley. Per diverse ore Brian e Sean camminarono avanti e dietro, stando attenti a schivare i furgoni della frutta che passavano continuamente per l’allestimento del mercato ortofrutticolo, mentre Spencer Jones scattava le foto. Il servizio iniziò alle 5 del mattino e si concluse intorno alle 8:00 e delle circa trenta foto scattate a diventare la copertina dell'album fu la prima foto ad essere scattata. 

Infine non poteva mancare Abbey Road. Da anonima strada di Londra, è diventata nel 1969 tappa fissa dei fan dei Beatles, quando il fotografo Ian MacMillan decise di scattare una foto dei quattro membri della band che attraversavano le strisce pedonali. L’iconico scatto divenne poi la copertina del 12° album dei Beatles che prende il nome della strada e contiene capolavori come Come Together, Here comes the sun e Something. Abbey Road è stata nominata luogo protetto dall’English Heritage e ospita lo studio di registrazione Abbey Road Studios (ancora oggi attivo).



( Ed ecco il mio misero tentativo di riprodurre lo scatto cercando di non farmi prendere dalle macchine)






See you the next song!

Lo sapevi che è una cover?

Qualche giorno fa ho fatto una scoperta scioccante: I Will Always Love You non è un brano originale di Whitney Houston ma è stata scritta 3...