venerdì 7 ottobre 2022

Musica e Linguistica

 Ho da sempre cercato un modo per congiungere la mia passione per la musica "tout court" e il mio settore di specializzazione, ovvero le lingue e la linguistica. Per questo motivo nel 2020 ho deciso di dedicare alla musica la mia tesi di laurea in lingue, facendo un'analisi del linguaggio del giornalismo musicale italiano e concentrandomi soprattutto sulla figura del critico musicale. 

Non riporterò una tesi di 130 pagine qui nel mio articolo, tranquilli!, ma mi piacerebbe spiegarvi brevemente come la linguistica è presente in qualsiasi ambito della vita umana, e quindi anche nella musica. 

                                            

«Scrivere di musica è come ballare di architettura: è davvero una cosa stupida da fare». Questo emblematico aforisma dalla paternità incerta (c’è chi lo attribuisce a Elvis Costello, chi a Frank Zappa con la variante parlare al posto di scrivere e chi a Clara Schumann, moglie di Robert Schumann, il primo critico musicale della storia in senso odierno) è al tempo stesso vero e falso, poiché la musica è un sistema di segni che significa se stesso ( i segni della musica sono il pentagramma e le note) e cerca di spiegare i propri contenuti attraverso un altro sistema, il linguaggio verbale, un’operazione legittima ma dall’esito ambiguo.

Parlare di  musica è possibile, e se non fosse possibile non esisterebbe la professione del critico musicale. Secondo il semiologo e musicologo Gino Stefani, non solo il linguaggio verbale è il migliore strumento per la comprensione e gestione sociale della musica, ma tale strumento può essere utilizzato anche da colui che si reputa profano della musica, perché tutti gli esseri umani hanno una competenza musicale intrinseca. Stefani sostiene che tutti posseggono una competenza musicale analoga alla competenza linguistica, ovvero ciascuno è capace di capire e produrre frasi e discorsi sino ad allora ancora non sentiti, e dimostra ciò attraverso l’esperimento ‘incontro-concerto con presa di parola collettiva’ riportato nel suo libro Competenza musicale e cultura della pace.

L’oggetto d’analisi dell’esperimento è un gruppo di ascoltatori che dopo aver ascoltato alcuni brani di musica classica vengono sollecitati ad esprimere liberamente ciò che hanno sentito nella musica; i risultati confermano che la musica ha per noi dei significati comuni che predominano nell’interpretazione soggettiva che è a sua volta influenzata da codici culturali e sociali che tuti inconsciamente sappiamo. Attraverso questo esperimento l’interesse alla musica del profano cresce ed egli passa da consumatore passivo a produttore di senso. 

La differenza tra profano e critico musicale sta nell’acculturazione in musica del critico che Stefani chiama alfabetizzazione musicale, ovvero uno strumento culturale in più per l’appropriazione e l’interpretazione della musica, dunque per estendere e approfondire la competenza musicale comune a tutti. 




Se sei arrivato fin qui non ti sei annoiato nel leggere l'articolo e sei pronto al prossimo articolo incentrato sulla linguistica nelle canzoni. 

See you the next song!

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